Che cos'è il disagio emotivo
Quando 
una persona è malata, non solo si affida alle cure mediche 
ma, soprattutto, si aspetta anche che l’ambiente circostante rispetti e 
abbia una certa attenzione per il suo stato
(si spera!). Il malato pertanto può essere tranquillo e sicuro di una
certa considerazione. Di regola, si ha riguardo per il malato, lo si lo
si compiange e lo si cura con i mezzi più adatti. Esiste però
un’eccezione: il disagio emotivo. Guai a coloro per i quali venga emessa 
tale diagnosi o inseriti in un quadro clinico così “nefasto”. 
L’attenzione presto si trasforma in sospetto, in disprezzo e, bene che vada, in 
vergogna. In breve, egli non gode più di alcuna 
protezione. Lo si addita e gli si fa una colpa del suo 
disagio. 
 
  
 
  
Poi, alla prima occasione, al ben minimo litigio, alla piccola 
contrarietà, per qualche ragione, il più delle volte banale e 
superficiale, di nessuna importanza, la malattia gli viene rinfacciata 
come una colpa (conosco fin troppo bene 
il ritornello: “Hai troppe fisime, Ti prestiamo troppe attenzione, Sei sempre in 
balia dei tuoi umori, Non hai alcuna forza di volontà e spina dorsale”; oppure 
la fatidica frase: ”Ma cosa ti manca, non hai bisogno di nulla, hai già 
tutto”…e, ancora più colpevolizzante, 
“Mi sono sempre sacrificato, ho rinunciato a tutto per te e guarda in che modo mi ripaghi”… 
 il lettore troverà sicuramente 
tantissime locuzioni personali da aggiungere). Come se il malato fosse un grande mentitore, subdolo, cattivo, meschino e, soprattutto, 
senza valore.In breve tempo non trova più attenzione e compassione, qualunque 
disturbo possa lamentare, ormai non gli si crede più: è attorniato da increduli 
e diffidenti. 
 
Il termine disagio emotivo è apparso nella medicina, anche se 
Socrate ai suoi tempi l’aveva già trattato sapientemente, poco meno di duecento 
anni fa. Raramente comunque viene usato da solo, perché si presenta principalmente 
collegato con altri termini di specificazione: ossessivo, compulsivo, ansiogeno, 
fobico, paranoide, schizoide, psicopatico, masochista, dissociativo, 
narcisistico, depressivo, di conversione, ecc. Il disagio emotivo comunque ha 
molti volti ma per la persona coinvolta è assolutamente irrilevante. Agli occhi 
delle persone che gli stanno vicino, egli non ha un disagio emotivo, così come 
una gastrite o una frattura, no: egli è da rifuggire, non è attendibile, è un 
incorreggibile bugiardo e fastidioso, opprime o tirannizza tutti coloro che gli ruotano intorno (è un 
appestato). Nessuno però è sicuro, immune, da questa malattia. 
 
La si contrae in maniera impercettibile, durante il processo 
evolutivo, la si porta in sé senza averne la minima idea. Sicuramente è il 
risultato di un delicato e complesso processo cominciato nei primi anni della 
propria vita. Proprio per questo motivo i disagi emotivi meritano di essere 
considerati con simpatia e comprensione: essi rappresentano il costo pagato 
nella vita adulta per troppo rapide o malsicure vittorie sugli istinti 
infantili. E dopo un tempo imprevedibile, al primo 
problema, alla prima difficoltà, alla prima profonda sofferenza, il disagio emotivo 
può manifestarsi apparentemente in maniera innocua (a volte completamente 
all’insaputa dell’interessato) ma anche terribile, in modo tale da 
tormentare o distruggere un’intera esistenza propria e altrui. In ultima 
analisi, i pazienti, secondo questa visione scientifica, chi più chi meno, siamo 
tutti noi. Tale imprevedibile e minacciosa sorte, infatti, può toccare a 
ciascuno di noi. Spesso si sente dire che il tempo è la 
cura migliore, sistemerà tutto… ma, purtroppo, le cose non funzionano in questo 
modo. Il disagio emotivo, infatti, può cronicizzarsi ed evolvere in un malessere profondo ed invalidante per se 
stessi e gli altri. Il disagio emotivo, quindi, più o 
meno evidente, può celarsi in ognuno di noi, solo che non lo sappiamo: si 
è avvolti da una intermittente irrequietezza, una continua sensazione di 
insoddisfazione, di preoccupazione, di  
malessere, di disistima. Tutto ciò non deve essere interpretato come un 
anatema divino, ma esso si manifesta in maniera più “semplice” attraverso modi 
di pensare e di reagire, atteggiamenti, schemi mentali, stili di vita, 
sentimenti, ecc.  
 
Il disagio emotivo può celarsi già in noi, solo che il più delle volte non abbiamo la 
consapevolezza; l’unico segnale è che siamo sofferenti, inadeguati, 
intolleranti: si è sotto il controllo di una sensazione quasi permanente di 
disistima, insicurezza  e in balia 
dell’ansia senza una evidente ragione. Quando però tale 
sofferenza esplode improvvisamente, è giusto desiderare personalmente di essere 
trattati e curati in maniera più idonea e consapevole possibile. Trovo infatti grandioso il fatto che esista un orientamento 
scientifico che considera tutta la persona nella sua globalità, che sia inoltre 
possibile un processo di guarigione attraverso metodi nuovi e forme diverse, 
operando in maniera rispettosa, attiva e consapevole da entrambi i 
fronti. 
compiange e lo si cura con i mezzi più adatti. 
 
Articolo a cura del dott. Claudio Bonipozzi 
Psicoterapeuta ed Esperto in Medicina Psicosomatica 
Via Runco 52 
44010 Quartiere (Fe) 
Sedi Operative: Bologna - Ferrara - Imola
 
Per contatti: Tel 0532/329012 
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Link utili: 
 
Il disagio psicologico 
 
Educazione Razionale Emotiva  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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