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Non chiamarla "malattia"

omosessualità nella storiaNon è solo una questione di parole. Fino a poco tempo fa i medici credevano davvero che di omosessualità ci si potesse ammalare...e guarire. Quanto poi ai metodi la questione è discutibile. Oggi il mondo della psicoterapia è concorde nel considerare l'omosessualità come naturale e le terapie volte solo al sostegno e all'equilibrio del paziente. Scopri quante realtà possono nascondersi dietro una definizione.

 

 

 

Omosessualità: argomento scottante. Quando si tocca la faccenda la dialettica si anima e gli atteggiamenti si polarizzano banalmente: ci sono quelli che trattano la questione come se fosse un delicatissimo bicchiere di cristallo, quelli che "basta che mio figlio non sia gay", quelli che ancora ne ignorano l'esistenza. E i giudizi si sprecano. Qualunque sia il punto di vista l'omosessualità è un dato di fatto, nonchè una definizione medica unanime. Ma da dove deriva tutta questa difficoltà a vedere l'omosessualità come qualcosa di naturale? E' un retaggio storico. "L’omosessualità è una malattia che abbisogna di cure!": è solo un esempio del pregiudizio medico che ha accompagnato l'omosessualità fino ai giorni nostri e che in passato ha giustificato trattamenti terapeutici "non convenzionali" dei pazienti considerati tali. Se vuoi saperne di più leggi l'articolo: "L’omosessualità non è una malattia ma non tutti gli psicologi lo sanno"

Insomma, omosessuali trattati come veri casi clinici, da Disturbo sociopatico di Personalità, a deviazioni sessuali paragonata alla pedofilia. Il 1974 è l'anno della svolta. L’omosessualità viene cancellata dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) pubblicato dall’American Psychiatric Association (APA) e finalmente nel 1990 definita semplicemente “una variante naturale del comportamento sessuale umano” dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS). Eppure di omosessualità ci si può ancora vergognare. Il mondo della psicoterapia si schiera decisamente a favore di interventi volti esclusivamente a ridurre il possibile disagio che l'omosessuale può vivere di fronte al suo orientamento sessuale. La terapia psicologica ormai non agisce più nel senso del cambiamento della tendenza sessuale, piuttosto nel tentativo di armonizzare in modo “sintonico” tutti gli aspetti della personalità del paziente, con un percorso di supporto che lo aiuti a comprendere e superare la sua difficoltà ad accettare il proprio orientamento sessuale o gli aspetti contraddittori della società. Come potrebbe essere per un eterosessuale! Di fronte ad attacchi di ogni genere la presa di posizione dell’Ordine degli Psicologi del Lazio è categorica: “le ‘terapie riparative’ e ogni teoria filosofica o religiosa che pretenda di definire l’omosessualità come intrinsecamente disordinata o patologica, non solo incentivano il pregiudizio antiomosessuale, ma screditano le nostre professioni e delegittimano il nostro impegno per l’affermazione di una visione scientifica dell’omosessualità, variante normale dell`orientamento sessuale”.

Ma la questione non si risolve con una semplice disquisizione semantica. L'omosessualità infatti nasconde (...o rivela?) la profonda confusione che anni di tabù hanno contribuito ad alimentare. E' facile infatti confondere "omosessualità" con altri tipi di fenomeni legati alla sfera sessuale ed emotiva. Omosessuale come transessualismo, omosessuale come patologie di tipo ormonale, omosessuale come semplice attrazione sessuale sono associazioni del tutto arbitrarie e non conformi alla realtà. Ma la vita degli omosessuali non è mai stata semplice. Se infatti da un lato nasce l'esigenza di assicurare con le definizioni la libertà di scelta di ogni omosessuale, spunta la necessità di identificare e affrontare l'atteggiamento di pregiudizio e non riconoscimento: l'omofobia.

Diversità e omofobia

Identità sessuale