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Psicologia. Vivere la pauraQuando la paura diviene patologica

Vivere con la paura. La paura, talvolta, può diventare uno stato d'animo persistente che rischia di condizionare la vita della persona. La D.ssa Margherita Scorpiniti, psicologa, illustra il tema della paura in psicologia con un efficace articolo volto ad analizzare le varie sfumature che la paura può assumere nel vivere quotidiano. Quando ansie, fobie, attacchi di panico possono dar vita ad un circolo vizioso pericoloso.


Esistono due forme principali di paura.

Una è la normale reazione a stimoli percepiti come dannosi, con conseguenti reazioni psicofisiologiche a essi legate. Di solito svanisce velocemente se lo stimolo viene affrontato subito e quando c’è serve a incrementare la capacità di gestire la propria volontà.

L’altra forma, al contrario, diventa persistente, si associa a tutti quegli eventi o immagini mentali che riportano il soggetto al primo momento in cui ha percepito un forte panico e limita e a volte impedisce la capacità di agire.

Quando si creano le condizioni per l’instaurarsi di una patologia fobica?
Il disturbo prende avvio dal primo momento critico che fa percepire al soggetto che non ha saputo controllare la situazione.
Il soggetto che ha vissuto un momento critico, può manifestare, ben presto, dei tentativi di controllo delle proprie reazioni.
Sono questi tentativi di controllo che incrementano, anziché ridurle, tali sensazioni iniziali, innescando  un  “ circolo vizioso”.  Il soggetto che “evita” per non soffrire, cercherà delle strategie particolari di risposta alla paura e, si troverà, ben presto, come ingabbiato dai suoi stessi tentativi di soluzione. 

Una prospettiva che considera la patologia una dinamica interattiva (ci si riferisce allo studio della persistenza dei fenomeni patologici come sistemi ove causa e effetto interagiscono dinamicamente in senso circolare di reciproca interdipendenza) tra soggetto e realtà, ci consente di osservare che le forme di disturbo fobico possono essere condivise in due grandi categorie:

- le patologie che si esprimono con l’attacco di panico;
- le patologie nelle quali il disturbo è dato da ciò che l’individuo fa o non fa per evitare di cadere nel panico, dove per panico si intende quella reazione psicofisiologica definibile come la forma estrema della paura.

Il panico viene innescato dalla percezione attraverso i nostri sensi o da immagini mentali di tipo realistico o fantastico, che coinvolgono l’intero organismo.
Allo sconvolgimento fisiologico si associa immediatamente la paura di morire o di impazzire e/o di essere posseduti da una forza oscura che conduce a fare cose al di là della propria volontà.
Le sensazioni di alterazione che la persona prova innescano pensieri e convinzioni minacciosi, i quali provocano nell’organismo ulteriori reazioni di allarme che portano a maggiori alterazioni psicofisiologiche.
Le alterazioni psicofisiologiche incrementano la convinzione di essere bloccati, di non essere assolutamente in grado di agire.
Tale condizione circolare porta all’attacco di panico. Un attacco di panico è una paradossale escalation di sensazioni di paura e tentativi di controllo che nella loro interazione intrappolano la mente, che crea da sola le sue stesse paure.

Inoltre, la persona intrappolata nella paura patologica, cercando di limitarne gli effetti, agisce con un repertorio di scelta che complica ulteriormente il problema e gli effetti del disturbo.
Si associano a questa serie di reazioni la tendenza a evitare la situazione associata all’attacco di panico e la costante ricerca di aiuto e protezione da parte di altre persone.
Se si evita la situazione temuta se ne conferma la sua pericolosità e la sensazione di inadeguatezza che si prova, aumentando la paura della volta successiva.
Ogni sviamento prepara la strada a quello successivo finché l’individuo arrivi alla completa incapacità di esporsi a situazioni che immagina essere minacciose.
Da un lato, il soggetto si sente all’inizio come al riparo dal panico incalzante e dall’altro percepisce di non essere in grado di affrontare la situazione evitata.
Quest’ultima percezione, dopo molte fughe, gli produce una sfiducia generalizzata rispetto alle proprie risorse.
Questa mancanza di autostima gli farà evitare di esporsi alle situazioni di eventuale rischio fino a ridurlo ad una condizione di completa inattività.
Dunque, una reazione naturalmente sana come l’evitare il pericolo, se viene associata alle distorsioni nella percezione prodotte da un controllo scorretto della paura, muta in un quadro patologico di cognizioni e comportamenti.
Questo è il tentativo razionale di controllare e gestire la paura che invece la alimenta.

 

Per ulteriori informazioni:

Dott.ssa Margherita Scorpiniti
http://web.i2000net.it/mscorpinitipsicologo/


Bibliografia di riferimento
Barlow, D.H. (1990) Clinical handbook of psychological disorders: a step - by - step treatment manual- Guilford Press.
Nardone, G. (2004) “Oltre i limiti della paura”- Biblioteca Universale Rizzoli- IIIa Edizione, Milano
Sitigrafia
http://web.i2000net.it/mscorpinitipsicologo/

 

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